martedì 4 novembre 2014

P. K. Dick: Amore


“L’amore non è solo volere un’altra persona allo stesso modo in cui vuoi impossessarti di un oggetto che vedi in vetrina. Quello è solo desiderio.” “Quando ami, smetti di vivere per te stesso. Vivi per un’altra persona.”  L’amore “supera l’istinto. L’istinto ci spinge a lottare per la sopravvivenza.”  Ma “alla fine l’istinto di sopravvivenza è perdente”  perché “non riuscirai mai a fare quello che è nelle intenzioni dell’istinto di sopravvivenza, per cui tutti i tuoi tentativi falliranno, soccomberai alla morte, e sarà finita lì. Ma se ami, puoi svanire e osservare (…) la vita di quelli che ami che continua.”  L’amore non ha come conclusione la felicità ma la sofferenza. “Il completamento del ciclo dell’amore: amare, perdere, soffrire, lasciare e lasciarsi, per amare di nuovo. Soffrire è la consapevolezza che dovrai essere solo, e al di la di questo non c’è nulla, perché essere solo è il destino ultimo, definitivo di ogni creatura vivente. Ecco cos’è la morte: la grande solitudine.”  Ma la sofferenza che viene dall’amore è anche quella forza che ti spinge a uscire “dal tuo piccolo e limitato guscio. E non puoi soffrire se prima non hai amato. La sofferenza è l’esito finale dell’amore, perché è amore perduto.”  La sentenza definitiva rimane la morte e la sua solitudine, ma solo l’amore è vita perché è nel riconoscimento della sofferenza che ci si rende conto di perdere qualcosa, quella cosa che si contrappone alla morte ma che contemporaneamente non nega la sua inevitabilità. SCORRETE LACRIME, DISSE IL POLIZIOTTO (1970). L’amore scorre, come le lacrime, in tutta l’opera dickiana e ne è la chiave di volta. Si confonde con la “caritas” e l’”empatia”, avendo a che fare con la “fusione” e anche , come abbiamo già visto, con la “sofferenza”. All’importanza decisiva dell’amore si accompagna il senso di estrema vaghezza che accompagna qua e là l’uso di questa parola: “l’amore è alla base delle nostre vite” MR. LARS, SOGNATORE D’ARMI (1964). Ben altro tono si avverte quando si parla del principio cristiano della caritas o dell’approccio psicologico dell’empatia. Ma allora perché correre il rischio dell’astrattezza, se non addirittura della banalizzazione, quando si ha la possibilità di ricorrere all’empatia e alla caritas che tra l’altro sono visti l’uno come la modernizzazione dell’altro. Perché non usare solo questi al posto della parola amore, che sembra dire tutto e niente allo stesso tempo? Perché la parola amore è indispensabile proprio in relazione alle altre due, comprendendole entrambe senza esaurirsi in esse. L’amore condivide con la caritas e l’empatia la fuoriuscita dal puro dato istintuale  ma non si ferma al dato storico culturale di queste. E’ prefigurazione di qualcosa che è in parte ancora da venire. E che forse non potrà mai venire, rimanendo come prefigurazione utopica, segnale di un orizzonte che indica un percorso piuttosto che una meta. L’amore per l’uomo contemporaneo, che vive  fuori dal terreno consacrato e rassicurante delle fedi sia religiose che laiche, è quella forza che può  fronteggiare la consapevolezza della tremenda verità della vita e di trasformare il nichilismo di un mondo senza senso in uno in cui la responsabilità di creare senso sia a carico dell’umanità tutta. La  ridefinizione di questa forza, che meglio potremmo chiamare “possibilità”, è il compito che spetta ai vari protagonisti, tutti rigorosamente maschili, in quanto le donne sembrano incarnare nel loro profondo quello spirito dell’amore che deve essere portato alla luce. L’unica eccezione proprio nell’ultimo romanzo LA TRASMIGRAZIONE DI TIMOTHY ARCHER (1981) che vede passare il testimone a una donna, Angel Archer. Una donna molto colta e raffinata, come la definisce uno psichiatra che per contro la considera dura e ispida e che “sta facendo molto male anche a se stessa”  oltre che a Bill, un giovane schizofrenico a cui lei è affezionata e che si crede la reincarnazione del vescovo Timothy Archer. “No. Tu sei un uomo che vernicia automobili e ripara alberi di trasmissione e io ti costringerò a ricordare.” Gli dice Angel. Ricordare l’umano, l’umano mortale che instabile alberga in noi, è il compito dell’amore e che sia una donna a ricordarcelo nelle ultime pagine dell’opera di Dick è uno dei suoi più bei regali d’amore che ci ha lasciato.

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