Un’inquietante maschera
a forma di uccello copre la parte superiore del dottore del futuro, o meglio,
del dottore che si avventura nel futuro. E’ una maschera che richiama quelle
antiche, medievali dei medici che si aggiravano nei territori infestati dalla
peste. Al posto del cuoio il metallo e a proteggere gli occhi vetri oscurati
simili agli occhialini dei saldatori. Un cilindro, una tuba rigida semi
arrugginita in testa, un grigio soprabito e la tipica borsa da medico ai suoi
piedi, lasciata un po’ discosta per terra. Con una grossa bussola in tasca egli
è pronto per avventurarsi verso la nuova frontiera del futuro, un futuro che sa
di passato, con gli indiani sotto forma di tanti duplicati di indianino di
plastica. Un leggero grigiore plumbeo avvolge il paesaggio, piatto, senza
prospettiva, senza futuro verrebbe da dire, e il medico, il cerusico o anche,
se si vuole, lo stregone è pronto per affrontare la battaglia di sempre, la
lotta contro la peste che dall’inizio dei tempi assilla l’essere umano, la
morte. Questa immagine ieratica, composta, salda nella sua volontà di dare
battaglia, che sembra indifferente alle innumerevoli sconfitte patite, reclama
una particolare attenzione. Dietro la maschera grottesca si intravede un viso
impiegatizio, dalle orecchie grandi simili a quelle di Franz Kafka, il Kafka
del ministero degli infortuni. Le braccia piccole e le mani che quasi non
fuoriescono dalle maniche. E quella grossa bussola che quasi non sta nella
tasca. E’ qui che sta la chiave di volta di questa tetra, ma ‘felice’
copertina, in questa saturnale figura in posa, statica, immobile nonostante che
pretenda di voler apparire come una figura in viaggio. In realtà figura
dell’immobilità e dell’impossibilità di procedere verso un qualunque posto, men
che meno nel futuro, quel tempo malato e forse ormai irrimediabilmente morto.
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