martedì 20 dicembre 2016

Pubblicità


“Gli avvisi pubblicitari sono ‘notizie’. Il loro guaio è di essere sempre notizie buone. Per equilibrare l’effetto, e per vendere le notizie buone, è necessario avere un mucchio di notizie cattive.” 1 E in effetti le buone notizie in UBIK (1966) sono proprio le pubblicità che stanno ad esergo di ogni capitolo, quasi a suggerire una possibile resistenza, rimedio alle cattive notizie, quelle che illustrano il degrado, l’entropia e la morte che imperversano, in una spirale esponenziale, il mondo moderno, o postmoderno che sia, in cui siamo costretti a tentare di vivere. La pubblicità sembra allora ergersi a estremo rifugio dell’arte, ultimo baluardo della creatività: “Sullo schermo della tv, splendidi spezzoni pubblicitari si accendevano avanti e indietro come fuoco liquido. Sbocciavano uno dopo l’altro, si flettevano per un istante e poi sparivano. Gli spot pubblicitari erano la forma d’arte più elevata e i talenti più raffinati lavoravano nel settore.”  LOTTERIA DELLO SPAZIO (1954). Ma anche rimedio per i mali che più ci assillano: “Joe accese la radio per sentire se c’erano notizie. ‘Impotenti’ disse la radio. ‘Incapaci di raggiungere un orgasmo? Hardowax trasformerà il disappunto in gioia.’ Seguì un’altra voce, la voce di un maschio avvilito. ‘Dio, Sally! Non so cosa mi è successo. So che ti sei accorta che ultimamente mi sono afflosciato del tutto. Dio, se ne sono accorti tutti!’ A questo punto intervenne una voce femminile. ‘Henry, tu hai bisogno di una semplice pillola che si chiama Hardowax. E in pochi giorni sarai un vero uomo.’ ‘Hardowax?’ fece eco Henry. ‘Sì, accidenti, forse dovrei provarla.’ Poi la voce dell’annunciatore. ‘Al più vicino drugstore, oppure scrivete direttamente a…” GUARITORE GALATTICO (1967). Chi pensa che la pubblicità, nel suo ipertrofico sviluppo vanifichi la propria capacità persuasiva, non capisce che il suo potere e la sua necessità sta più nella creazione di un mondo da sogno (che porta alla necessità del consumo) che a una banale propaganda di un singolo prodotto:  “Quante cose aveva imparato dagli spot televisivi! Gli altri erano soliti spegnere la tv quando arrivava il momento della pubblicità, ma per lui era proprio quello il momento di accenderla. I programmi non avevano niente da offrire se non una morale da ceto medio, che nelle migliori delle ipotesi si traduceva in un prodotto di grande squallore. La pubblicità invece offriva un mondo dove si vendevano sogni, dove giovinezza e salute erano merce in scatola, e tutti i dolori e le sofferenze venivano addolcite dalla meravigliosa visione al rallentatore di una lunga capigliatura mossa dal vento.” LA CONQUISTA DI GANIMEDE (1964). Questo mondo è l’incubo in cui noi stiamo vivendo; esiste una via d’uscita che non sia come quella descritta nel racconto VENDETE E MOLTIPLICATEVI (1964)? Ed Morris, per sfuggire alla pubblicità invasiva di un robot tuttofare che si è infilato nel suo astroveicolo, si lancia fuori dalla rotta superando la velocità consentita in direzione di Proxima. All’esplosione che ne consegue, Morris, nonostante sia ferito e prigioniero tra le lamiere, è felice: “nel silenzio della nave distrutta, incastrato in mezzo ai rottami, osserva i due soli avvicinarsi. Era uno spettacolo meraviglioso. Da tanto tempo desiderava vederli. Eccoli lì,che si facevano più vicini ad ogni istante. Fra un giorno o due, la nave si sarebbe tuffata in quella massa infuocata, per essere consumata. Ma poteva godersi quei due giorni. Non c’era niente a disturbare la sua felicità. (…) Un rumore. Nella massa di metallo fuso qualcosa si muoveva. Una forma contorta, appena visibile alla luce che proveniva dallo schermo. Morris riuscì a girare la testa. L’antrad riuscì a rimettersi in piedi. La maggior parte del tronco era sparita, distrutta dall’esplosione. Ondeggiò, poi cadde in avanti con un gran rumore di ferraglia. Continuò ad avanzare adagio verso lui, e si fermò a un metro di distanza. Ci fu un rumore di ingranaggi, di relè. Un inutile barlume di vita animò la carcassa semidistrutta.  – Buonasera – disse con voce gracchiante.”


Nota 1: Marshal McLuhan, Gli strumenti del comunicare, Il Saggiatore , Milano 2011  

martedì 13 dicembre 2016

Mutanti


In DEUS IRAE (1964-75) abbiamo un enorme patchwork di mutazioni, dalle blatte “evolute dai mammiferi, e in brevissimi anni” e che per questo sono nostre parenti anche se puzzano e “offendono il mondo. E di sicuro offendono Dio” ai corridori “con i musetti affabili all’insù. Non superavano il metro e venti d’altezza. Erano grassocci e rubicondi, coperti di pelliccia fitta… con gli occhietti luccicanti, i nasi frementi e grandi zampe da canguri.” Erano tutte mutazioni “originate da quelli che fondamentalmente erano veleni. Così tante e così in fretta; una gran quantità di specie dirette. La natura, in lotta per superare i rifiuti della guerra; le tossine.” Ma non sempre la mutazione è così ricca e divertente: “Per la famiglia Rosen era sempre stata fonte di insoddisfazione che gli occhi di Chester si trovassero sotto il suo naso, e la bocca là sopra, al posto degli occhi.” L’ANDROIDE ABRAMO LINCOLN (1962). In E JONES CREO’ IL MONDO (1954) abbiamo una mutazione creata artificialmente per far vivere una nuova specie umana su Venere. La loro esistenza da paria, segregata in un laboratorio, verrà riscattata alla fine su quel pianeta dove potranno essere loro la normalità. E ancora la coppia mostruosa di due in uno di George Walt in SVEGLIATEVI DORMIENTI (1963) “Erano una forma di gemelli mutanti, uniti alla base del cranio; un’unica struttura encefalica serviva i due corpi separati. La personalità George risiedeva in un emisfero del cervello e usava un occhio: il destro (…) e la personalità Walt viveva nell’altra metà, distinta, con le sue idiosincrasie, i suoi punti di vista e i suoi impulsi – e il suo occhio con cui guardare l’universo.” Nel racconto del 1954 NON SAREMO NOI la Terra si deve difendere dalla minaccia dei DEVI (devianti), mutanti dai poteri straordinari. Un compito frustrante: “Essere giocati da un animale! Qualcosa che scappa e si nasconde. Qualcosa senza un linguaggio.” Ed è proprio forse il linguaggio a causare la nostra sconfitta: “Questo significa che l’intelligenza ha fallito (…) Abbiamo portato l’intelligenza fino al livello massimo a cui può arrivare. Troppo avanti, forse. Siamo già arrivati al punto in cui sappiamo tanto, e pensiamo tanto, che non riusciamo ad agire.” Nel racconto dello stesso anno IL MONDO DEI MUTANTI le colonie nello spazio si sono ribellate al dominio terrestre e resistono al suo potere militare solo grazie al contropotere esercitato dai mutanti, soprattutto la capacità di un essere grasso e ritardato di distruggere i missili in arrivo e dei telepati di individuare le spie infiltrate. Ma al di là di questo impianto fantascientifico tradizionale, il vero conflitto su cui si innerva la storia è tra i mutanti che detengono i poteri e dei nuovi mutanti con la capacità di inibirli. Il tema della ricerca di un possibile equilibrio sembra anticipare il mondo dei telepati e antitelepati di UBIK. In UN’INCURSIONE IN SUPERFICE (racconto1955) nel mondo postatomico una nuova razza di umani sopravvive nel sottosuolo: “un tempo esisteva un’unica specie, i sap. Il loro nome per intero è ‘homo sapiens’. Noi siamo nati, ci siamo sviluppati da loro. Siamo mutanti biogenetici. Il cambiamento si è verificato durante la terza guerra mondiale, due secoli e mezzo fa. Sino ad allora non c’erano mai stati ‘Tecno’. – Tecno? – Fashold sorrise. – All’inizio ci chiamavano così. Quando ci ritenevano solo una classe separata, non una razza diversa. Tecno. Era il loro nome per ‘noi’. Il termine che usavano quando parlavano di noi. – Ma perché? È un nome strano. Perché ‘Tecno’ Fashold? – Perché i primi mutanti sono apparsi nella classe dei tecnocrati e gradualmente si sono diffusi in tutte le classi colte. Sono emersi tra scienziati, studiosi, ricercatori, gruppi di specialisti. In tutte le varie classi specializzate.” Nel racconto NON-O invece il mutante è il perfetto paranoide: “Hanno sempre classificato la paranoia come malattia mentale. Ma non lo è! Non c’è una mancanza di contatto con la realtà. Al contrario, il paranoide ha un rapporto diretto con la realtà. È un empirista perfetto. Non contaminato da inibizioni etiche e morali-culturali. Il paranoide vede le cose come realmente sono. In effetti è l’unico individuo sano di mente.” E infine un ultimo racconto del 1964 GIOCATE E VINCETE in cui atterrano in una monotona colonia terrestre su Marte, in tempi diversi, due astronavi della Compagnia dei divertimenti. Due tipi di mutazioni mostruose si trovano al loro interno: nella prima un corpo senza testa e nella seconda una testa senza corpo. Parodie di quell’eterno mutare che , come di ce lo stesso Dick nella nota al racconto, sembrerebbero dirci che: “è come se le due forse opposte che stanno al disotto di ogni cambiamento dell’universo fossero truccate; a favore di thanatos, la forza oscura, lo yin o conflitto, vale a dire la forza della distruzione.”

martedì 6 dicembre 2016

Simulacri


Greta Garbo nel punto culminante della sua carriera scompare, si nasconde. Francois Mauriac immagina una sua ipotetica spiegazione: “Mi sono distrutta, mi sono sacrificata per l’immagine di una bellezza che può soddisfare ciascuno di quei milioni di desideri delusi, di attese senza speranza… Avete capito perché mi nascondo? Per pietà verso quelli, perché essi non sappiano che io non esisto:”1 Una non esistenza come quella della cantante Linda Fox in DIVINA INVASIONE (1980): “-Linda Fox non è una persona. È una classe di persone, un tipo. È un suono prodotto da attrezzature elettroniche estremamente sofisticate. Ci sono altre Fox; ce ne saranno sempre. Si può sostituire all’infinito, come un pneumatico.- (…) -Mi spiace per lei- disse Bulkowsky. -Come ci si deve sentire- si chiese   -quando non si esiste? No, è una contraddizione. Sentire è esistere. Quindi- pensò  -probabilmente lei non sente. Perché è un fatto che non esiste, non in senso stretto. Noi lo sappiamo, no? Siamo stati noi a immaginarla per primi.-  O meglio, era stato Testone a immaginare la Fox. Il sistema IA l’aveva inventata, le aveva detto  cosa cantare e come cantarlo. Testone si era occupato di ogni particolare, fino al mixaggio. Ed era stato un successo completo. Testone aveva correttamente analizzato i bisogni emotivi dei coloni e aveva trovato una formula per soddisfare quei bisogni. Il sistema IA manteneva una sorveglianza continua, basata sulle reazioni di ritorno; quando i bisogni cambiavano, cambiava anche Linda Fox. Era un circolo chiuso. Se all’improvviso tutti i coloni fossero scomparsi, Linda fox sarebbe finita nel nulla. Testone l’avrebbe cancellata, come un foglio di carta infilato in un distruggitore di documenti.” Come la Fox, simulacro delle nostre passioni, o meglio ‘desideri delusi’ e ‘attese senza speranza’, il simulacro politico Nicole Thibodeaux, I SIMULACRI (1963), una first lady falsa (essendo in realtà solo un’attrice assunta per sostituire la precedente) di un premier fasullo (in quanto androide), riempie il vuoto dell’immaginario collassato di una società ormai definitivamente entrata nell’era dell’iperrealtà:2 Appena una manciata di anni sono passati dagli ‘erranti’, quelle “imitazioni di persone” che vagavano inquiete in LA CITTA’ SOSTITUITA (1957), ma in questo breve lasso di tempo possiamo vedere, con chiara evidenza, come Dick “si allontana sempre più dalle formule care alla fantascienza” e “sposta i suoi spezzoni narrativi sulla scacchiera del romanzo postmoderno.” 3

Nota 1: Edoardo Bruno, Pranzo alle otto, Il Saggiatore, Milano 1994, p.58.
Nota 2: Jean Baudrillard, Simulacri e fantascienza, Postfazione a Philip K. Dick, I simulacri, Fanucci Roma

Nota 3: Carlo Pagetti, Prefazione a Philip K. Dick, I simulacri, Fanucci Roma