martedì 3 marzo 2015

Autentico


“C’è la storia di quel tizio che portò a Picasso un disegno di Picasso e gli chiese se era autentico, e Picasso lo firmò immediatamente e disse – Adesso è autentico.” SPERO DI ARRIVARE PRESTO racconto del 1980.

In quella dimensione parallela, contigua alla nostra e a chissà quante altre, in cui la seconda guerra mondiale è stata vinta dall’Asse del Male e in cui i Giapponesi la fanno da padroni sulla costa ovest dell’America, LA SVASTICA SUL SOLE (1961), il piacere più ambito dagli occupanti è la ricerca di oggetti autentici della storia americana, dal fumetto d’epoca all’arma in uso nella guerra di secessione. In una realtà fragile e incerta, in cui un semplice libro (clandestino) che ipotizza una diversa storia (la vittoria degli Alleati contro l’Asse) è capace di insinuare una sottile inquietudine in tutti quelli che lo leggono o che ne sentono parlare; proprio lì la richiesta di autenticità delle cose rappresenta una necessità. Ed è proprio una fiorente attività illegale di oggetti falsi che rischia di mettere in pericolo l’intero commercio antiquario, la cui sopravvivenza si basa sulla possibilità di riconoscerne l’autenticità. Due identici oggetti, uno dei quali è appartenuto a un personaggio famoso, non si distinguono l’uno dall’altro se non per la “storicità “ intrinseca che uno dei due possiede. E ciò che lo dimostra è “un documento di autenticità. Quindi è tutto un falso, un’illusione di massa. E’ il documento che ne dimostra il valore, non l’oggetto in se stesso.”  L’incrinarsi della credibilità del documento apre alla crisi e i nuovi oggetti di artigianato locale che compaiono all’improvviso sul mercato, che non hanno bisogno di alcun certificato perché non rappresentano altro che quello che mostrano, acuiscono la crisi invece di risolverla. Ma è una crisi in cui il rischio, che ogni crisi in quanto tale porta dentro di se, apre a qualcosa di autenticamente nuovo sulla faccia del mondo. I semplici oggetti artigianali testimoniano di un prodigio: “non avere storicità, e neppure un valore artistico, estetico, e comunque partecipare di un valore etereo…” , il valore del fare, in quanto autentico valore dell’umano. L’antiquario americano Childan ribatte alla proposta del funzionario giapponese che lo voleva umiliare proponendogli di mercificare, in una produzione industriale in serie, i nuovi prodotti artigianali: “gli uomini che hanno fatto questo, (…) sono artisti americani, e sono orgogliosi. Me compreso. Perciò proporre di usare questi oggetti come amuleti scadenti significa insultarci, e io chiedo le sue scuse.”

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