Figura ieratica l’Ofelia che ci propone
Silverini per il Deus Irae di Dick e Zelazny. Opera ghiotta di teologia
postmillenaristica; è ancora possibile un credo religioso dopo la fine del
mondo? Le motivazioni per la scelta di questo personaggio femminile sono
raccontate dallo stesso Silverini in una sua intervista1 “questa tavola è il frutto di una
suggestione. Nella prefazione di Carlo Pagetti si parla di –(…) parodia in
chiave postmoderna di Alice in Wonderland- e ancora nella quarta di copertina
troviamo –Ed eccola che arriva, i capelli fulvi e l’ossatura talmente sottile
da fargli sempre credere che potesse spiccare il volo…- Questa donna è (cito
ancora Pagetti) -…Lurine Rae, la ragazza dai capelli rossi che assomiglia a una
strega, L’Ofelia del mondo postapocalittico abbandonata da quell’improbabile
Amleto che è Pete-. Trovarmi di fronte a una possibilità immaginifica così
varia, questa specie di antologia letteraria di citazioni e contaminazioni, è
stata per me una tentazione irresistibile; quello che volevo che venisse fuori,
quindi, era un’immagine poetica, evocativa, mi sono rifatto a un immaginario
pittorico preraffaellita cercando di evitare un’estetica ‘fantasy’ che detesto
profondamente.” Tanto basterebbe, ma forse possiamo aggiungere ancora qualcosa.
Innanzitutto è questa un’Ofelia dickiana, cioè tutt’altro che remissiva,
succube e condannata; sembra fatta piuttosto della stessa fredda enigmaticità
del gatto del Cheshire che stringe tra le braccia e a cui pizzica con
noncuranza un orecchio. Allo sguardo fisso e vitreo del gatto contrappone però
uno sguardo altero, se non proprio sprezzante. L’abito scuro, sfumato, a cono,
la definisce idolo, figura mitica di antichi poteri arcani, ma anche di antiche
e accese passioni, come il rosso vivace della fluente chioma sembra confermare.
Una chioma fiume, il fiume di Ofelia; ma anche qui un fiume non adatto a
trasportare corpi di remissive e giovani fanciulle, quanto piuttosto, col suo
turbinio vorticoso, il denso sangue della storia del mondo. Ed ecco, alla fine,
tra due volute dei capelli comparire due occhi, deliranti; gli occhi folli del
demiurgo creatore di un mondo senza senso e senza scopo. Silverini per contro,
improvvisandosi a sua volta nel ruolo di demiurgo, cerca di ridare forma e
quindi senso al riproporsi incessante di queste vecchie, consunte ma pur sempre
tragiche, storie.
Venerdì 27 marzo: Antonello Silverini - L'occhio nel cielo
Nessun commento:
Posta un commento