giovedì 19 marzo 2015

Antonello Silverini: Deus Irae


Figura ieratica l’Ofelia che ci propone Silverini per il Deus Irae di Dick e Zelazny. Opera ghiotta di teologia postmillenaristica; è ancora possibile un credo religioso dopo la fine del mondo? Le motivazioni per la scelta di questo personaggio femminile sono raccontate dallo stesso Silverini in una sua intervista1 “questa tavola è il frutto di una suggestione. Nella prefazione di Carlo Pagetti si parla di –(…) parodia in chiave postmoderna di Alice in Wonderland- e ancora nella quarta di copertina troviamo –Ed eccola che arriva, i capelli fulvi e l’ossatura talmente sottile da fargli sempre credere che potesse spiccare il volo…- Questa donna è (cito ancora Pagetti) -…Lurine Rae, la ragazza dai capelli rossi che assomiglia a una strega, L’Ofelia del mondo postapocalittico abbandonata da quell’improbabile Amleto che è Pete-. Trovarmi di fronte a una possibilità immaginifica così varia, questa specie di antologia letteraria di citazioni e contaminazioni, è stata per me una tentazione irresistibile; quello che volevo che venisse fuori, quindi, era un’immagine poetica, evocativa, mi sono rifatto a un immaginario pittorico preraffaellita cercando di evitare un’estetica ‘fantasy’ che detesto profondamente.” Tanto basterebbe, ma forse possiamo aggiungere ancora qualcosa. Innanzitutto è questa un’Ofelia dickiana, cioè tutt’altro che remissiva, succube e condannata; sembra fatta piuttosto della stessa fredda enigmaticità del gatto del Cheshire che stringe tra le braccia e a cui pizzica con noncuranza un orecchio. Allo sguardo fisso e vitreo del gatto contrappone però uno sguardo altero, se non proprio sprezzante. L’abito scuro, sfumato, a cono, la definisce idolo, figura mitica di antichi poteri arcani, ma anche di antiche e accese passioni, come il rosso vivace della fluente chioma sembra confermare. Una chioma fiume, il fiume di Ofelia; ma anche qui un fiume non adatto a trasportare corpi di remissive e giovani fanciulle, quanto piuttosto, col suo turbinio vorticoso, il denso sangue della storia del mondo. Ed ecco, alla fine, tra due volute dei capelli comparire due occhi, deliranti; gli occhi folli del demiurgo creatore di un mondo senza senso e senza scopo. Silverini per contro, improvvisandosi a sua volta nel ruolo di demiurgo, cerca di ridare forma e quindi senso al riproporsi incessante di queste vecchie, consunte ma pur sempre tragiche, storie.


Venerdì 27 marzo: Antonello Silverini - L'occhio nel cielo

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