“Ci
stiamo facendo il culo al servizio di qualche struttura assoluta, scopo, meta o bisogno; forse quello
che ho visto è una creazione continua e noi siamo operai involontari collocati
qua e là, come un milione di api attorno alla struttura, che martelliamo e
seghiamo mettendocela tutta, e il progetto non ci è visibile (lo è solo
all’architetto). Le nostre istruzioni sono in un qualche modo dentro le nostre
teste… ho la netta intuizione, probabilmente giusta, che la nostra serie
originale di engrammi, i molti programmi messi in cantiere e poi inibiti alla
nascita, vengano continuamente aggiornati
e raffinati durante il sonno; mentre ognuno di noi dorme viene istruito
attraverso lo stato del sogno: nel complesso le persone sembrano non
soffermarsi mai sul fatto che molto spesso sembra che i sogni abbiano a che
fare con il futuro. La ragione è ovvia: è nel futuro che i compiti di cui ci
informano i sogni avranno luogo.”(128)
Gli engrammi sono tracce di memoria, “modificazioni
che avvengono nel cervello, sia fugaci sia durature, che risultano dalla
codificazione neuronale di un vissuto”. Praticamente
si possono definire come contrassegni di un determinato evento e
contribuirebbero “a rappresentare quel
che noi soggettivamente viviamo come ricordo di qualcosa”.1 Ovviamente
coabitano dentro il nostro cervello milioni di questi engrammi e il problema,
che la scienza non ha ancora risolto, è di come alcuni di essi possano passare
da uno stato di inattività latente a uno stato di attività che ci fa ricordare
un dato evento. Questa attività cerebrale che per la scienza collega il passato
con il presente per Dick collegherebbe il futuro con il presente. Queste
istruzioni vengono reiterate nei sogni allo scopo di ripetere l’addestramento
originale, quello che ci porterà a reagire in un dato modo quando un segnale
apposito nell’ambiente ce lo segnalerà. Se per un errore si dovesse mancare un
segnale spunterebbe “fuori un intero universo alternativo”.(129) Quindi l’engramma sarebbe un programma
che dal futuro verrebbe a implementarsi nel passato di una persona per poter
farla reagire in un dato modo in un determinato tempo. Un percorso prestabilito
tracciato dai segnali necessari. La cosa importante però è che sono segnali
disinibitori, cioè non innescano riflessi condizionati ma servono a portare
alla memoria un addestramento (programma) originario, quel che si deve fare in
quell’occasione. Tutto sommato un sistema alquanto macchinoso “un modo tutt’altro che economico e ordinato
per Dio di gestire le cose.” In definitiva una programmazione troppo
incline alla possibilità di un errore (di una libera scelta dell’individuo?).
Nota 1: Nicolas Pethes, Jens Ruchatz, Dizionario della memoria e del ricordo, Bruno
Mondadori, Milano 2002, p. 164.
Tra 7 giorni: ESEGESI 15 - La morte stessa morirà
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