venerdì 22 maggio 2015

Antonello Silverini: Abramo Lincoln androide



Abbiamo qui il primo dei due romanzi dedicati da Dick  agli androidi; al contrario che in "Ma gli androidi sognano le pecore elettriche?"  Silverini accentua in questo caso la componente meccanica, esaspera il lato robotico ad emblema dell’artificialità. Uomo, androide, robot, un’ambiguità che ben si sposa con l’ambiguità del personaggio storico, un liberatore di schiavi che li credeva comunque esseri inferiori. Come rendere figurativamente questa icona della verità non vera, dell’umano non umano, perfetta sintesi dell’ambiguità dickiana? Raffigurando la grandezza reale (fisica) dell’uomo Lincoln come handicap; ieratica figura, irrigidita su una sedia che funge da carrozzella guidata da un servomeccanismo che fa muovere i piedi a mo’ di ruote. Il farsi umano dell’artificiale, il divenire simbolo da parte di una reale figura storica, il materializzarsi e lo smaterializzarsi vengono resi qui in una serie di trasparenze. La poltrona (la staticità) che svanisce, gli arti inferiori (il movimento) che devono prolungarsi, quasi distaccarsi, per tentare di camminare. Il mezzobusto imbalsamato del presidente, di profilo, attonito, attesta la solitudine, in un’atmosfera grigio-sporco, della natura umana. Natura impossibile da definirsi una volta per tutte; processo di un complicato gioco di evanescenze, tentativi di stare e al contempo di andare.   

Il prossimo appuntamento il 22 settembre con Antonello Silverini - La trilogia di Valis.
Per chi fosse interessato il 28 maggio si inaugurerà la mia mostra (qui) e il 5 e 6 giugno si svolgerà un convegno su Antonio Caronia (qui) 

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