martedì 12 maggio 2015

Kafka


Il protagonista di GUARITORE GALATTICO (1967) Joe Fernwright, fermato dalla polizia per un’infrazione è condannato seduta stante a un anno con la libertà condizionale. Alla sua domanda “Senza un processo?”, “Vuole essere processato?”  gli risponde l’ufficiale con un’occhiata penetrante, e Joe, molto più saggiamente del signor K protagonista del Processo di Kafka, risponde decisamente “No!”. Per il protagonista del racconto AL SERVIZIO DEL PADRONE (1956) va invece peggio e la sua fine riecheggia quella terribile di K;  Applequist dopo esser stato massacrato di botte viene lasciato ferito vicino a una bomba innescata “era solo, con la bomba semisepolta nel terreno e il calare delle ombre. E il grande buio morto che stava sommergendo tutto.” Suggestioni, contaminazioni kafkiane come quelle che ricordano il racconto La tana: “_Ho una tana_ disse Ild _vado dentro quando piove. Sto al caldo.” I NOSTRI AMICI DI FROLIX 8 (1968-9). O nel racconto FORSTER SEI MORTO (1956) “Poteva restare lì in eterno, senza muoversi. Sicuro e protetto. Senza che gli mancasse nulla, senza aver paura, con il mormorio dei generatori sotto di lui e quelle semplici, ascetiche pareti tutt’intorno e sopra di lui, tiepide, amichevoli, come un utero accogliente.” E in LA SVASTICA SUL SOLE (1961) “Siamo talpe cieche. Che strisciano dentro le loro tane sottoterra, e trovano la strada a tentoni, con il muso. Non sappiamo niente. Io l’ho percepito… adesso non so dove andare. Posso solo urlare di paura. Fuggire.” E ancora in UN OSCURO SCRUTARE (1973) l’ossessiva sorveglianza “La sorveglianza, pensò, dovrebbe essenzialmente essere mantenuta. E, se possibile da me. Dovrei stare sempre a controllare…” e sempre nello stesso romanzo il racconto Davanti alla legge fa capolino in un incubo lisergico in cui la porta per un altro mondo “si aprì per lui per alcuni giorni e poi venne chiusa e sparì per sempre.” Così come La colonia penale si evidenzia in un test di Rorschach in L’ANDROIDE ABRAMO LINCOLN (1962) “Nel test di Rorschach , per esempio, aveva interpretato ogni macchia e figura come un groviglio di macchinari fragorosi e martellanti e dentellati, progettati fin dall’inizio dei tempi per oscillare con movimenti frenetici e letali allo scopo di procurarmi danni fisici.” E per ultimo, ma si potrebbe continuare ancora, uno dei primissimi racconti dickiani ROOG (1953) non può non ricordarci le disperate Indagini di un cane

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