Come
comunicare a una macchina che non vuoi un determinato prodotto o segnalare un
particolare difetto se in realtà l’unica cosa che vuoi è che essa cessi di
produrre e cioè di esistere? L’autofac è la rete mondiale di fabbriche
automatiche costruita durante il Conflitto Totale, resa completamente
automatizzata e indipendente dal controllo dell’uomo, una volta finito il
conflitto continua a produrre senza sosta beni di consumo divorando quantità
sempre maggiori di risorse naturali. Il tentativo di riconquistare il controllo
della macchina fallisce scontrandosi con l’impermeabilità di un sistema che per
sua natura non ammette alternative alle risposte prestabilite alla voce:
“dichiarare la natura del difetto del
prodotto” dell’apposito questionario. Al Si-No, 0-1, l’Istituto di Cibernetica
Applicata (anch’esso completamente autonomo) che controlla la rete, non ammette
alcuna alternativa. La macchina non può essere usata a piacere, la sua
costruzione determina a priori il suo uso. Agli umani non resta che tentare di
disarticolarla mettendo le varie parti che la compongono in conflitto
reciproco, sperando così di incepparne il meccanismo. Ma, almeno nel racconto
edito nel ’55 AUTOFAC,sembra essere
troppo tardi, la cieca lotta contro l’entropia “che la fabbrica ha sempre odiato, e per combattere la quale era stata
costruita” continua nella sua folle corsa fino all’ultima goccia di
energia, verso il consumo ultimo e definitivo del mondo stesso. Del resto che
l’autofac sia farina del demonio lo testimonia anche il romanzo LE TRE STIMMATE DI PALMER ELDRITCH (1964):
“Palmer Eldritch era un individuo pazzo e
sorprendente, solitario, che sfuggiva a tutti gli schemi; aveva realizzato dei
miracoli veri e propri nell’iniziare la produzione delle fabbriche automatiche,
le autofac, sui pianeti coloniali, ma… come sempre era andato troppo oltre, i
suoi progetti erano stati troppo complessi ed elaborati. Montagne di beni di
consumo si erano accumulate in luoghi impossibili, dove non esistevano coloni
in grado di servirsene. Ed erano diventate montagne di immondizia, corrose dal
tempo, lentamente e inesorabilmente.” Farina che per l’appunto si trasforma in
crusca. E’ ancora nel mondo del dopobomba di DEUS IRAE il romanzo scritto
in collaborazione con Roger Zelazny, tra il 1964 e il 1975, che l’autofac
sopravvive stancamente. Davanti a uno di questi, il pittore senza braccia e
gambe Tibor fa delle considerazioni sul rapporto tra l’uomo e la macchina e ha
uno scatto d’orgoglio: ”Quanti riti
verbali circondavano l’evocazione
dell’intelligenza di quella macchina costruita dagli umani in tempo di guerra?
Evidentemente moltissimi. (…) io ho bisogno del suo aiuto, ma non mi prostrerò
per supplicarlo di installare cuscinetti a sfera nuovi nel mio carretto. Non ne
vale la pena. –Al diavolo, pensò. Sono queste le entità che hanno annientato la
mia razza: sono state loro a rovinarci.” E comunque gli autofac sono ormai
inefficaci, non più in grado di soddisfare le esigenze del cliente. L’umanità
dovrà trovare altrove la propria salvezza cessando di essere un cliente che si
serve della natura come di un supermercato che elargisce prodotti all’infinito.
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