“Ben presto sono cominciate a succedere
cose impossibili; mi sono ritrovato in quel
tipo di universo metastatizzante di
plastilina in cui scrivo…”
(Esegesi)1
“-Paranoia-
mormorò il dottor Sign. –La sensazione di essere guardati.-“ IN SENSO INVERSO (1965).
Se scrivere può aiutare a
mettere nero su bianco le proprie paranoie, strutturandole in una materia
narrativa che aiuta a distanziarsene, nel caso di Dick potrebbe sembrare al
contrario che questa stessa narrazione, divenendo autonoma, si sia impossessata
del proprio creatore: “Una psicosi paranoica. Immaginare di essere
il centro di un enorme sforzo collettivo di milioni di uomini e donne, che
richiede miliardi di dollari e un lavoro infinito… Un universo che orbita
intorno a me. Ogni molecola si muove pensando a me. Un’irradiazione di
importanza che arriva… fino alle stelle. Ragle Gum. Oggetto dell’intero
processo cosmico, dal principio fino all’entropia finale. Tutta la materia e lo
spirito, fatti per ruotare intorno a me.” TEMPO FUORI DI SESTO (1958). In realtà Dick si compiace di far
coesistere la propria immaginazione fertile di idee sempre nuove con le proprie
(e altrui) ossessioni, ma sa padroneggiare entrambe non perdendo mai la
coerenza interna del racconto, anche del più assurdo, e, al contempo, riuscendo
a vivisezionare l’esperienza paranoide: “È
la mia casa. Nessuno mi ci metterà mai fuori. Quali che siano le ragioni per
per cui vorrebbero o vogliono farlo. Supponendo che ci siano dei ‘loro’ che mi
stanno osservando. Paranoia. O piuttosto l’’esso’ spersonalizzato, e non
‘loro’. Qualsiasi cosa sia ciò che stanno osservando, non è umano. Non secondo
il mio metro, almeno. Non ciò che io riconoscerei come umano.” SCRUTARE NEL BUIO (1973). Una
sensazione, nell’essere osservati, guardati, che si può trovare fin dalle prime
opere di Dick: “-C’è qualcuno, qui, che
conosce ogni cosa. Il perché e il percome. Qualcosa che mi sfugge. Qualcosa di
ominoso e alieno. E voi ve ne state seduti a trastullarvi.-“ LA CITTA’ SOSTITUITA (1953). E ancora,
sempre nella prima produzione dickiana, nel racconto NON-O del 1958: “-Hanno
sempre classificato la paranoia come malattia mentale. Ma non lo è! Non c’è una
mancanza di contatto con la realtà. Al contrario, il paranoide ha un rapporto
diretto con la realtà. È un empirista perfetto. Non contaminato da inibizioni
etiche e morali-culturali. Il paranoide vede le cose come realmente sono. In effetti, è l’unico
individuo sano di mente.” E a proposito del racconto COLONIA del 1953 lo stesso Dick
in una nota pubblicata in occasione della ristampa del racconto, in
un’antologia del 1976, scrive: “L’apoteosi
della paranoia non è quando tutti sono contro di te, ma quando tutto è contro
te. Non ‘il mio capo sta complottando ai miei danni’ ma ‘il telefono del mio
capo sta complottando ai miei danni.’ A volte, gli oggetti sembrano possedere
una volontà loro anche per una mente normale; non fanno quello che dovrebbero
fare, ci si mettono fra i piedi, dimostrando una resistenza innaturale ai
cambiamenti. In questa storia ho cercato di immaginare una situazione capace di
spiegare in maniera razionale il bieco complotto degli oggetti contro gli
esseri umani, senza allusioni a malattie mentali degli esseri umani.”
Nota 1: Philip K. Dick, Esegesi, Fanucci, Roma, 2015, p.686
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