Angel Archer è il primo personaggio che assurge al
ruolo di protagonista nell’ultimo dei romanzi di Dick, l’opera ‘testamento’ La
trasmigrazione di Timothy Archer. Angel, per Gabriele Frasca, è la “coscienza infelice” che non solo saprà
divincolarsi dalla “struttura delirante”
creata dall’ossessiva ricerca della “verità
vera” da parte dell’ultimo Dick, ma che saprà anche offrire “al proprio autore, attraverso un esplicito
flusso di pensieri, l’occasione, prima che la morte lo metta a tacere per
sempre (…), di una straordinaria consapevole confessione.”1
Quello che in sostanza Frasca ci dice della confessione di Dick tramite Angel è
che tutta questa ossessiva ricerca del vero altro non è che un “pacco” (a packaged fraud)2 e
che questa “fame” di assoluto è ciò
che rende la vita non vissuta e quindi inutile. L’ultimo romanzo, come lascito
dickiano, si presenta perciò nella forma di monito a non seguire le sue orme;
un romanzo dipinto “col pennello del
Flaubert più acido, quello di Bouvard et Pécuchet per intenderci” che
raccontando dei rotoli del Mar Morto e “della
misteriosa setta dei zadochiti, finisce col diventare l’ennesima ‘idea
prevalente’ che consegna, col dovuto anticipo, gli ‘stupidi’ alla morte.”3
Quel che sembra possa desumersi da questa articolata e stimolante critica di
Frasca è che l’ultimo Dick, quello di Valis (ma anche di conseguenza tutta
quella vena di ricerca sulla ‘verità’ che attraversa l’intera sua opera) altro
non è che la dimostrazione dello spreco di un’esistenza vissuta nella ricerca
del motivo del nostro esistere e patire. Un fallimento che si salva in extremis
con questo testamento confessione che consente di ribaltare la sentenza su
tutto questo lavorio intellettuale rivedendolo come una sorta di antidoto
(Ubik), capace di smontare il grande sciocchezzaio delle futili parole e
permettendo così di “avere il coraggio di
assumere ciò che va assunto, e poi, con altrettanto coraggio, in un’epoca in
cui la massiccia dose di informazioni ci arreda costantemente la vita
coartandoci al passato ‘narcisistico’, (…) espellere tutto il resto.”4
Ma ora che abbiamo a disposizione l’Esegesi, anche se solo in forma
parziale, possiamo renderci conto che la febbricitante ricerca dickiana non
termina col testamento di Archer; il sciocchezzaio dei Bouvard et Pécuchet
continua, come continua la vita e, forse, quest’ultima continua proprio perché
caparbiamente non si vuole accettare di “espellere
tutto il resto”. In altri termini: se fosse possibile espellere dalla vita
ciò che non serve cosa rimarrebbe?
“Nel cuore della notte ho avuto
un’intuizione straordinaria.”(1240)
Nota 1: Gabriele Frasca, Come rimanere rimasti, in Trasmigrazioni.
I mondi di Philip K. Dick, a cura di V. M. De Angelis e U. Rossi, Le
Monnier, Firenze 2006 p. 251 (lo stesso testo ampliato in: G. Frasca, L’oscuro scrutare, Meltemi, Roma 2007)
Nota 2: ivi, p. 249
Nota 3: ivi, p.251
Nota 4: ivi, p. 258
Tra sette giorni: Esegesi 13 - Oh Ho, Oh On
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