Se pensiamo a quel labirinto di illusioni di cui è
composta tutta l’opera di Dick, sembrerebbe rimanere ben poca cosa di un’entità
così austeramente concreta come la realtà. Ma esiste pur sempre, dura e
ostinata, tanto che anche “quando uno
smette di crederci non svanisce”, VALIS (1978). E’ quel tipo di realtà che si tocca con mano “Provò a toccare la parete della veranda. Era indubbiamente solida.” LA CITTA' SOSTITUITA (1953), e che non
cede alle lusinghe di proprietà extrasensoriali “-Spinga, concentrandosi al tempo stesso sul fatto di far passare la
sua mano attraverso le molecole della parete…-. La mano fallì nel tentativo di
passare attraverso le molecole.” REDENZIONE IMMORALE (1955). Eppure, poche pagine più avanti ecco il vescovo Berkeley
con “tutte quelle storie sulla realtà
suprema” in agguato e la realtà di quel mondo svanire “dappertutto discese il buio. – Gretchen – disse. Non ci fu risposta.
Soltanto il silenzio.” E ancora, sornione, il vescovo ricompare in TEMPO FUORI DI SESTO (1958) “Ho letto un po’ ai miei tempi – disse
Reagle. – Pensavo al vescovo Berkeley. L’idealista. Per esempio…- Accennò al
pianoforte nell’angolo del salotto. – Come sappiamo che quel piano esiste? - -
Non lo sappiamo – disse Vic. – Forse non esiste - - Mi spiace, - concluse Vic,
- ma per quanto mi riguarda queste sono solo parole. –“. “Solo parole” come
quelle scritte sui pezzetti di carta che compaiono al posto delle cose vere
quando queste svaniscono. “Il chiosco
delle bibite andò in pezzi. Molecole. Vide le molecole incolori, prive di
qualità, che lo formavano. (…) Al suo posto c’era un pezzetto di carta. Recava
scritto, in stampatello, CHIOSCO DI BIBITE.” Il problema della realtà è
ovviamente onnipresente in Dick ed è di fatto la vera posta in gioco, persa la
quale non rimane nulla “la struttura
della realtà stessa, l’universo e ogni sua creatura vivente” svaniscono, DIVINA INVASIONE (1980). In definitiva potremmo dire con Dick che il mondo reale è
quell’”insieme di dolore e bellezza”
che il nostro procedere va incessantemente costruendo “camminando, mi resi conto che ero io, in un senso molto reale, a
creare il mondo di cui avevo esperienza. Creavo il mondo, e al tempo stesso lo
percepivo.” LA TRASMIGRAZIONE DI TIMOTHY ARCHER (1981).
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