La simpatia di Philip K. Dick per gli strumenti
tecnologici dei mass media è tutta dalla
parte della radio in contrapposizione a una certa diffidenza, se non vera
avversione, nei confronti della televisione. La radio è tendenzialmente
liberatrice, come viene presentata in uno dei suoi ultimi romanzi RADIO LIBERA ALBEMUTH (1976 ). La
canzone, con il messaggio criptato che svela l’inganno del finto potere
democratico U.S.A., viene diffuso tramite la radio e l’immagine finale del
romanzo affida la speranza di una possibile rivolta a comuni ragazzi che
accendono le loro radioline portatili. Ma già nei primi romanzi la radio si
presenta come potenziale strumento di disvelamento dell’illusione coatta, come
in TEMPO FUORI DI SESTO(1958 ) in cui il
protagonista comincia a sospettare di essere prigioniero in un mondo illusorio
costruito da altri quando, riuscendo a costruirsi una rudimentale radio a
galena, capta strani messaggi che parlano di lui. E ancora in CRONACHE DEL DOPOBOMBA (1963) la radio
è lo strumento che permette al cosmonauta Walter Dangerfield, in orbita intorno
alla terra e impossibilitato a scendere, di trasmettere ai sopravvissuti
all’olocausto nucleare, la lettura di opere letterarie. Un appuntamento
giornaliero (a seconda dell’orbita della nave) che consente a una civiltà in
faticosa ripresa, nonostante la frammentazione in piccoli villaggi autonomi e
reciprocamente diffidenti, di sentirsi ancora comunque comunità.
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