Elementare, semplice, l’idea figurativa di uno tra
i principali romanzi dickiani si risolve in pochi elementi. La maschera
antigas, richiamo all’incubo procurato al giovane Philip dal padre al ritorno
dalla visione al cinema del film “Niente di nuovo sul fronte occidentale”.1 Un camice sgualcito, macerato, residuo, si direbbe, di un qualche
scienziato pazzo tanto in voga nei film di fantascienza degli anni ’50. E
infine un forchettone al posto di una mano; quasi una nota grottesca allusiva a
un ben altrimenti letale artefatto, l’uncino del temibile avversario di Peter
Pan. Copertina scarna ed essenziale che sbatte in “prima pagina” (la metà
destra dell’immagine è quella che occuperà la prima di copertina) il dio che ci
chiama con un gesto dell’unica mano integra e che con l’altra, un po’
ripiegata, seminascosta, esibisce il forchettone con cui pensa di divorarci. Un
dio che conosce il galateo, che non sbrana ma che, con educazione, infilza.
Intorno a lui il colore strappato del silenzio. Una collosa patina bianco
verdastra che fa da contorno a questo dio della modernità. Un dio che sprofonda
e fa sprofondare tutti nel delirio di un mondo a cui sembra non essere rimasto
altro che divorare se stesso.
Venerdì 24 aprile: Antonello Silverini Ubik
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