“Molte
cose nella vita possono trovare una spiegazione. Ma… Joe Chip su una moneta da
cinquanta centesimi? Era il primo denaro Joe Chip che avesse mai visto. Ebbe
allora la raggelante intuizione che, se avesse cercato nelle altre tasche, e
fra le banconote nel portafogli, ne avrebbe trovato dell’altro. Questo era
soltanto l’inizio.” UBIK
(1966), un inizio che apre al successivo
romanzo GUARITORE GALATTICO (1967)
con un altro Joe per protagonista, Joe Fernwright che sogna (insieme al resto della popolazione terrestre
che si accinge a dormire in quel momento) di essere il vincitore di un concorso promosso dalla zecca
di stato, in cui presterà il proprio volto per l’effige delle nuove banconote
che verranno messe in circolazione al posto delle vecchie ormai svalutate. Ma
se questo è solo un sogno e per di più coatto e di massa in compenso, al
risveglio, Joe riceverà un incarico per un lavoro su un altro pianeta che gli dovrebbe fruttare la somma di
trentacinquemila briciole, l’equivalente di
200.000.000.000.000.000.000.000.000.000.0000.000.000 dollari. Ma si rivelerà
solo un’esca per una missione impossibile su un remoto pianeta della galassia. E
ancora Joe passerà seri guai con la polizia per aver voluto regalare a degli
sconosciuti il proprio denaro. Infine l’amara considerazione di Dick sul
significato del denaro la possiamo leggere nell’ultimo dei suoi racconti STRANI RICORDI DI MORTE (1980) “Quello che mi ha dato fastidio è sapere che
l’unica cosa che mi rende diverso dalla signora del Lyosol, che è pazza, sono i
soldi del mio conto corrente. Il denaro è il certificato ufficiale della sanità
mentale.”
martedì 24 novembre 2015
martedì 17 novembre 2015
Corpo
Il corpo per l’uomo è la
casa che abita “Dio sta facendo a pezzi
questa casa che è il mio corpo per farmi pagare quello che ho fatto” nel
racconto SPERO DI ARRIVARE PRESTO (1980).
Ma forse questo vale per l’uomo in quanto maschio: “-Il tuo corpo, per te, è quello che la casa è per una donna- disse
Maggi Walsh. –Lo conosci come se fosse un ambiente, invece che…- -L’ambiente
somatico è uno dei più genuini ambienti in cui viviamo,- rispose acidamente
Babble. –È il nostro primo ambiente quando siamo bambini, e poi, quando
decadiamo nella vecchiaia e il Distruttore Formale corrode la nostra vitalità e
la nostra forma, scopriamo di nuovo che ci importa ben poco di quel che succede
nel cosiddetto mondo esterno, se la nostra essenza somatica è in pericolo.” LABIRINTO DI MORTE (1968). Corpo che si
abita, si possiede, entro cui ci si ripara e ci si difende; tana in cui evitare
il contatto con gli altri. “Come
riuscivano due persone, a sopportare di stare così vicino? Per Manfred era come
se le loro separate identità si fossero fuse, e l’idea che potesse esistere una
tale confusione lo terrorizzò.” NOI
MARZIANI (1962). E forse allora “ci
vuole il pericolo, un pericolo di morte, perché gli uomini si tocchino (…) Ma
quando si decidono a farlo ne traggono un grande conforto. Non c’è niente di
più bello.” LA CONQUISTA DI GANIMEDE
(1964-66). C’è da perdersi a voler seguire, per dirla con Michel Foucault,
tutti gli avvenimenti che si inscrivono in quel grande corpo espanso che
costituisce l’opera di Philip K. Dick. È corpo che soffre e che lotta contro
l’entropia quello che tenta con fatica indicibile di salire delle scale in UBIK (1966) e ancora soffre e viene
ferito mentre scala una montagna dopo essersi fuso empaticamente con altri
corpi in MA GLI ANDROIDI SOGNANO LE
PECORE ELETTRICHE? (1966). Ma soprattutto è corpo che sta al confine, nella
soglia tra vita e morte. Pensando a IN
SENSO INVERSO (1965) concludiamo con il Foucault di Nascita della clinica, con una citazione che meriterebbe essere
messa ad esergo dell’intera opera dickiana: “Vedere nella vita la morte, nel
suo mutamento l’immobilità, dietro il suo sorriso lo spazio scheletrico e
fisso, e, al termine del suo tempo, l’inizio di un tempo rovesciato che pullula
di innumeri vite”.
martedì 10 novembre 2015
Crisi
In DIVINA INVASIONE (1980) il male si presenta come “la cessazione della realtà, la cessazione
dell’esistenza stessa.” È un processo che “è iniziato con la caduta originale. Una parte del cosmo è caduta. La
divinità stessa ha subito una crisi. (…) una crisi nel terreno dell’essere? (…)
Nessuna creatura può immaginare il non-essere, soprattutto il proprio
non-essere.” Ma la crisi non è soltanto quella sul terreno dell’essere ma
anche quella tra uomo e mondo “gli uomini
e il mondo sono mutuamente tossici” e a questo può porre rimedio solo Dio,
quel dio che “si mimetizza con
l’universo, con la regione stessa che ha invaso: assume la parvenza di bastoni
e alberi e lattine di birra ai margini della strada; finge di essere spazzatura
gettata via, rottami di cui nessuno si cura. Appostato il vero Dio tende
letteralmente degli agguati alla realtà e a noi stessi. Dio, in verità, ci
attacca e ci ferisce, nel suo ruolo di antidoto.” VALIS (1978).
martedì 3 novembre 2015
Colpa
Se ci è data oltre la vita
anche il dover morire allora qualche colpa dovremmo pure avercela. In GUARITORE GALATTICO (1967) “la morte e la colpa sono collegate”, “la
consapevolezza della colpa lo avvolse come un mantello di raso dorato. Una
vergogna talmente pura da possedere un che di archetipico, come se Joe stesse
rivivendo la vergogna primordiale di Adamo, il primo senso di evidenza sotto lo
sguardo di Dio”. In modo più o meno esplicito il senso di colpa attraversa
l’intero corpus dell’opera dickiana tanto che paradossalmente è spesso
impossibile isolarlo in momenti specifici. Morte, suicidio, peccato,
fallimento, masochismo, tutte voci che esprimono questa fatale sensazione di
qualcosa di sbagliato che è stato fatto, da noi o da altri, poco importa. Una
eredità di cui l’essere umano non potrà mai sbarazzarsi una volta per tutte.
Una forte ipoteca al desiderio assillante di libertà. Nel racconto SPERO DI ARRIVARE PRESTO (1980) un
astronauta costretto a viaggiare nello spazio in solitudine per dieci anni
senza poter stare in sospensione criogenica, per non impazzire viene aiutato
dal solito computer dell’astronave che lo fa stare in una specie di stato
ipnotico in cui rivivere creativamente i propri ricordi. Ma ogni sogno indotto
viene rovinato da un qualche senso di colpa pronto a saltar fuori
dall’inconscio profondo. Ogni occasione è buona perché il ricordo di una
qualunque azione di cui non essere proprio orgogliosi, e come non avercene, si
trasformi nella lacerante sensazione del rimorso.
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