In Italia se si vuole parlare di illustratori dickiani
non si possono fare altri nomi oltre a quelli di Thole e Silverini. Poche e
sporadiche le eccezioni.1 Karel Thole è stato un illustratore
prestato alla fantascienza e che ha trovato in questa il suo più naturale e
congeniale habitat espressivo, nonostante la sua totale estraneità culturale al
genere stesso. Gli storici curatori di Urania Fruttero e Lucentini ricordano
“che Thole arrivò a Urania già completo, assemblato, con tutte le sue tecniche
di lavoro perfezionate, i suoi colori calibrati, il suo gusto, la sua cultura
pittorica, la sua fantasia formale già pienamente stabilizzata.”2 E’
cosa risaputa, per bocca dello stesso Thole, che non leggeva i romanzi da
illustrare “ma traevo spunti dai dati che mi passavano i curatori della collana
e così la mia fantasia era stimolata, perché quei pochi dati mi dicevano cosa
fare, ma non come farlo.”3 Il non fantascientifico Thole con il suo
“miracoloso, magico verismo” si è staccato “senza possibilità di confronto
dalla produzione quasi sempre mediocre, ingenua dei vari illustratori di
fantascienza”, e ancora, sempre Fruttero e Lucentini aggiungono, in
un’apparente provocazione scherzosa: “la verità è che il preteso signor Thole
(…) finge di illustrare romanzi di fantascienza.” In questa nota divertita,
funzionale a un gioco caricaturale su una presunta origine aliena dell’illustratore,
sta forse il segreto di una capacità creativa che, totalmente inserita
nell’immaginario del genere riesce di fatto a trascenderlo concretizzandosi in
un risultato denso di rimandi ed echi al più vasto e articolato mondo
figurativo nella sua accezione più ampia, compreso quello in movimento del
cinematografo. La finzione di illustrare fantascienza gli ha permesso di
condensare gli stereotipi propri del genere operando una specie di saturazione
alchemica da cui poter far emergere le visioni di un vero e proprio “manuale
dell’ignoto”. Tradendo il genere, con una licenza poco poetica, possiamo
affermare che Thole infischiandosene è riuscito a fregarlo. Certo non è stata
la sua un’irriverenza derivante da una scarsa considerazione, da uno snobismo
culturale; la sua dichiarazione: “considero la fantascienza una cosa seria, e
seriamente cerco di interpretarla”4 sarebbe ingiusto considerarla insincera.
E’ che è tutto il mondo della scrittura probabilmente ad essere vagliato
secondo un filtro a grana grossa da parte di Thole, come dimostra lo scempio
della Metamorfosi, con quell’osceno scarafone in primo piano. Con buona pace
del povero Franz Kafka e delle sue premure a che Gregor non venisse
rappresentato in tale modo. Ma Thole molto probabilmente pensava, sentiva per
immagini e le immagini facevano altrettanto con lui, e per non rimanerne
sopraffatto aveva trovato per sua fortuna il modo di usarle al proprio
vantaggio.
1Nella collana Vertigo di
Einaudi troviamo due titoli dickiani In
terra ostile e Cronache del dopobomba
che meritano una nota positiva per la
realizzazione delle copertine da parte dello studio fotografico Amendolagine e
Barracchia di Milano, con un sapiente utilizzo non convenzionale della tecnica
dello still life.
2 Nell’introduzione di
Fruttero e Lucentini al Manuale
dell’ignoto. La pittura fantascientifica di Karel Thole, Arnoldo Mondadori,
Milano 1981.
3 La verità di Karel Thole in Manuale
dell’ignoto cit.
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