venerdì 16 gennaio 2015

Karel Thole


In Italia se si vuole parlare di illustratori dickiani non si possono fare altri nomi oltre a quelli di Thole e Silverini. Poche e sporadiche le eccezioni.1 Karel Thole è stato un illustratore prestato alla fantascienza e che ha trovato in questa il suo più naturale e congeniale habitat espressivo, nonostante la sua totale estraneità culturale al genere stesso. Gli storici curatori di Urania Fruttero e Lucentini ricordano “che Thole arrivò a Urania già completo, assemblato, con tutte le sue tecniche di lavoro perfezionate, i suoi colori calibrati, il suo gusto, la sua cultura pittorica, la sua fantasia formale già pienamente stabilizzata.”2 E’ cosa risaputa, per bocca dello stesso Thole, che non leggeva i romanzi da illustrare “ma traevo spunti dai dati che mi passavano i curatori della collana e così la mia fantasia era stimolata, perché quei pochi dati mi dicevano cosa fare, ma non come farlo.”3 Il non fantascientifico Thole con il suo “miracoloso, magico verismo” si è staccato “senza possibilità di confronto dalla produzione quasi sempre mediocre, ingenua dei vari illustratori di fantascienza”, e ancora, sempre Fruttero e Lucentini aggiungono, in un’apparente provocazione scherzosa: “la verità è che il preteso signor Thole (…) finge di illustrare romanzi di fantascienza.” In questa nota divertita, funzionale a un gioco caricaturale su una presunta origine aliena dell’illustratore, sta forse il segreto di una capacità creativa che, totalmente inserita nell’immaginario del genere riesce di fatto a trascenderlo concretizzandosi in un risultato denso di rimandi ed echi al più vasto e articolato mondo figurativo nella sua accezione più ampia, compreso quello in movimento del cinematografo. La finzione di illustrare fantascienza gli ha permesso di condensare gli stereotipi propri del genere operando una specie di saturazione alchemica da cui poter far emergere le visioni di un vero e proprio “manuale dell’ignoto”. Tradendo il genere, con una licenza poco poetica, possiamo affermare che Thole infischiandosene è riuscito a fregarlo. Certo non è stata la sua un’irriverenza derivante da una scarsa considerazione, da uno snobismo culturale; la sua dichiarazione: “considero la fantascienza una cosa seria, e seriamente cerco di interpretarla”4 sarebbe ingiusto considerarla insincera. E’ che è tutto il mondo della scrittura probabilmente ad essere vagliato secondo un filtro a grana grossa da parte di Thole, come dimostra lo scempio della Metamorfosi, con quell’osceno scarafone in primo piano. Con buona pace del povero Franz Kafka e delle sue premure a che Gregor non venisse rappresentato in tale modo. Ma Thole molto probabilmente pensava, sentiva per immagini e le immagini facevano altrettanto con lui, e per non rimanerne sopraffatto aveva trovato per sua fortuna il modo di usarle al proprio vantaggio.
1Nella collana Vertigo di Einaudi troviamo due titoli dickiani In terra ostile e Cronache del dopobomba che meritano una nota positiva  per la realizzazione delle copertine da parte dello studio fotografico Amendolagine e Barracchia di Milano, con un sapiente utilizzo non convenzionale della tecnica dello still life.
2 Nell’introduzione di Fruttero e Lucentini al Manuale dell’ignoto. La pittura fantascientifica di Karel Thole, Arnoldo Mondadori, Milano 1981.
3 La verità di Karel Thole in Manuale dell’ignoto cit.

4 ibidem

Ancora su Thole: Redenzione immorale    e  Cronache del dopobomba 


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