Ho già detto in precedenza1 che se si
parla di illustratori dickiani in Italia si fa necessariamente riferimento a
Karel Thole e a Antonelli Silverini; ma in verità sarebbe più giusto
considerare il solo Silverini come un autentico interprete figurativo dickiano.
Le immagini per Dick di Thole, pur essendo molto efficaci, non possiedono una
valenza così autonoma dal resto della sua produzione fantascientifica. Thole si
lasciava suggestionare da pochi elementi del romanzo con cui, attraverso un
enorme deposito/archivio di immagini dei più disparati ambiti figurativi, da
lui ben padroneggiati, elaborava un condensato evocativo sia della trama del
soggetto in questione che del più vasto armamentario simbolico del genere o
sottogenere letterario a cui appartiene. Insomma Dick è rappresentato sì, ma nella
singola opera, al pari di un altro autore, all’interno di una coerenza
stilistica che vale per tutto il genere. In ultima analisi possiamo dire che
Thole è illustratore dickiano quanto è illustratore ballardiano, asimoviano,
ecc., cioè è illustratore, in primis, di fantascienza. E’ in questo senso che
per Silverini invece si può parlare di
illustratore dickiano piuttosto che di fantascienza. Sgomberiamo subito il
campo da possibili equivoci, non è qui questione di “misura”, chi è più grande,
più bravo ecc. Mi creerebbe molte difficoltà il tentare di farlo e comunque per
cercare un’ipotetica obiettività dovrei riuscire prima a depurarmi di quel
coacervo di emozioni a puntate che le copertine di Urania hanno distillato in
me fin dall’adolescenza. Antonello Silverini non è semplicemente un
illustratore dickiano ma è più precisamente un autore dickiano, non interpreta
Dick, non ne individua solamente gli elementi importanti per darne una
spiegazione sintetica, concisa dei romanzi; Silverini fa Dick. Cerco di
spiegarmi. Il lavoro dell’illustratore è lavoro appassionante e ingrato allo
stesso tempo. Condivide col fare artistico la creatività, l’invenzione e
pertanto la libertà, ma è costretto dentro limiti ben precisi dettati dalla
cosa da illustrare, dai gusti del committente e dai presunti gusti del
pubblico, il tutto dentro una ferrea logica di mercato. Questo ovviamente a
grosse spanne e guardandomi bene qui dall’avviare qualsivoglia discorso sull’arte,
sul mercato dell’arte, sulla libertà dell’artista in generale, ecc. All’interno
di questa logica paradossalmente forse l’illustratore più bravo, più originale
è quello meno libero, quello che attenendosi a una griglia che si è dato o che
gli hanno imposto sa muoversi al meglio, sfruttando lo spazio che gli è
concesso. In una sorta di lotta per la sopravvivenza l’illustratore si deve
fare furbo, deve giocare la sua partita tra imposizione e libertà con le
risorse dell’astuzia. Ho l’impressione che Silverini non possa essere
considerato semplicemente un grande illustratore perché dentro un recinto
scalpita, è impaziente; ha voglia d’aria, anela libertà. L’incontro,
l’occasione dickiana penso sia stata una grande fortuna. Un corpus di opere di
un autore, un intero mondo letterario, pur a prima vista di genere, un editore
appassionato, uno stuolo di critici altrettanto appassionati e un esercito di
lettori transgenerazionali. Ma soprattutto l’incontro con Dick, con un autore
con cui Silverini ha dimostrato di avere un’affinità elettiva. Un’affinità
elettiva determinata dal fatto che ambedue detengono un immaginario fatto di
cose. L’opera di Dick è intrisa, è piena di cose, di oggetti, di artefatti i
più vari; e il bambino Antonello li prende, li afferra e li dispone con cura,
cioè ne ha cura, sopra una tela
pretrattata con chiazze di colore e grumi di varia materia. E’ un operare
pittorico sì, ma dentro un ambito mentale, un pensiero progettuale capace di
assemblare le cose e di cambiarne il senso e secondo del tipo di assemblaggio.
Per Dick sono le cose della vita, le cose che fanno, compongono le nostre forme
di vita; per Silverini sono le immagini di queste cose, le loro proiezioni, le
loro ombre che vanno a configurare il mosaico del nostro vivere. Silverini fa
Dick in quanto ne mostra la trama, non tanto dei suoi singoli romanzi, quanto
del suo pensiero, e perché no… della sua filosofia.
Venerdì 30 gennaio: la copertina di Antonello Silverini "Illusione di potere"
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