“La
bottega sembrava zeppa di ogni specie di oggetti strani… ma il più strano di
tutto era che, ogni qual volta Alice guardava attentamente uno scaffale, per
veder bene quello che conteneva, quello appariva d’un tratto ai suoi occhi
completamente vuoto, mentre gli altri tutt’intorno erano pieni zeppi. –Ma qui
gli oggetti sembra che volino via,- disse ella alfine con voce lamentosa, dopo
aver passato un minuto o due a inseguir vanamente una grossa cosa scintillante,
che ora sembrava una bambola, ora una scatola di lavoro e si trovava sempre
nello scaffale sopra quello in cui guardava. –E questo è il più irritante di
tutti… ma vi dirò…- aggiunse, colpita da un’idea improvvisa, -che voglio
seguirlo fino al ripiano lassù in cima. Non immaginerà di potersela svignare
attraverso il soffitto, spero.- Ma anche questo piano fallì; l’oggetto passò
tranquillamente attraverso il soffitto, come se per lui fosse una cosa
consueta.”1 Nella bottega
della pecora le certezze svaniscono, nel mondo di Alice come nel mondo di Ubik.
Il non-senso che ne scaturisce ancor più che servire come contrappeso al senso,
si insinua, come sostiene Deleuze, alla radice di ogni senso, corrodendolo e
logorandolo dall’interno. Il senso si ammala ma al contempo ci costringe a
focalizzare su di esso la nostra attenzione, a non darlo per ovvio; il senso si
fa materia di lavoro costante. “Per fare
un esempio, quando ho visto la Roma del 70 d.C. circa mi trovavo in un momento
incredibilmente basso di vitalità (calore perdita morte). Ma come in Ubik (vale
a dire nell’emporio di Archer) sia i periodi temporali che gli oggetti
all’interno di essi esistevano simultaneamente. In effetti di nessuno dei due
si potrebbe dire che è più reale dell’altro… una sorta di oscillazione (eppure
in Ubik nessuno dei due era reale: entrambi erano illusori). Questo equivale a
dire che si possono sbucciare a ritroso (da una parte) gli strati del 1974 e
trovare il 70 d.C., e quindi la realtà con cui si ha a che fare non è una
realtà (ma un’illusione)? Uno scherzo, un allestimento scenico? (…) Intuizione:
come in Ubik noi (dobbiamo) mantenere il presente con una focalizzazione
congiunta di sforzo e attenzione, costringendolo a essere stabile (e a non
regredire).”(323) Ubik, quell’’emporio di Archer’2
dove le cose non rimangono mai le stesse; il mondo dickiano apparecchia una
propria ‘bottega della pecora’ dove lo straniamento, lo spaesamento, non
assolvono a una pura funzione destabilizzante capace di evocare l’insolito, l’inquietante,
il non conosciuto: evocazione di un mondo presunto dall’’altra parte’3.
Il qui e l’ora sono messi radicalmente in discussione evidenziandone la loro
arbitraria legittimazione. Una messa in discussione che ha però in sé la
volontà e la possibilità di costruire
una nuova capacità del vedere indispensabile al processo di trasformazione
continua a cui la vita è legata per poter essere tale e continuare. “Quella narrazione gnostica su Cristo4 visto simultaneamente come bambino, uomo,
vecchio, piccolo e calvo, basso e molto alto… mi ricorda gli avvistamenti, e i
contatti ufologici con i fuochi fatui. E Zebra5 ha un po’ di quella qualità giocosa e
allegra… proprio così. ‘Guarda sono qui… no, lì. Guarda, sono questo… no,
quello.’ (Per esempio dal passato, dal futuro, da un altro pianeta, da un
universo alternativo eccetera.) Indovinelli e burle… ci affascinano, ci
allettano e ci incantano; e attraverso questo processo la nostra paura dello
sconosciuto, del fremd (estraneo) viene meno. E diventiamo anche bambini
ammaliati… assolutamente affascinati da questo schema emergente di quello che
vediamo. Ci viene offerta in continuazione l’opzione di allontanare quello che
ci viene mostrato dal maestro/burlone.”(434)
Nota 1: Lewis Carroll, Attraverso lo specchio, Einaudi Gli Struzzi, 1980 p. 173
Nota 2: Siamo nel 1976, cinque anni prima della
stesura dell’ultimo romanzo di Dick La
trasmigrazione di Timothy Archer, cosa realmente intenda Dick per ‘emporio
di Archer’ rimane misterioso.
Nota 3: Alfred Kubin, L’altra parte, Adelphi, Milano 1965
Nota 4: Parte II^ nota 35: “Probabilmente Dick si riferisce all’Apocrifo di Giovanni, un testo
gnostico sethiano in cui un Cristo dall’aspetto mutato dopo l’ascensione appare
all’apostolo Giovanni. Gesù gioca un tiro simile negli Atti di Pietro, nel
Vangelo armeno dell’Infanzia e in altri testi.”
Nota 5: Zebra, l’animale che si mimetizza nella
savana, è un altro nome di Valis.
Lunedì
20 febbraio: Esegesi 7 – Autore… chi?
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