“Il
significato della mia vita mi era finalmente chiaro. Ero condannato ad amare
qualcosa più della vita stessa, una cosa-oggetto crudele, fredda e sterile…
Pris Frauenzimmer. Sarebbe stato meglio odiare il mondo intero.” ABRAMO LINCOLN ANDROIDE (1962). Sembrerebbe proprio che per Dick la
propensione al masochismo consista nel tipo di donna con cui un uomo si va
a impelagare: “Ero curioso di vedere con
che tipo di donna si era andato a impelagare, lei ha una pulsione masochistica
coi fiocchi, e Kathy ne è la dimostrazione. È un’arpia, Sweetscent, un mostro.”
ILLUSIONE DI POTERE (1963). Uno
degli aspetti maggiormente eccitanti “dell’amore
sessuale è l’amore per qualcuno malvagio, per qualcuno che, se non si amasse,
si detesterebbe.” GUARITORE
GALATTICO (1967). “Vi piacciono le
cose belle. Una donna come quella può passarvi sopra come un tappeto e voi vi
sentireste lusingato del trattamento.” FOLLIA
PER SETTE CLAN (1963-4). “Nel suo
studio sulla forma che il masochismo assume nell’uomo moderno, Theodor Reik
avanza un’ipotesi interessante. Il masochismo è più diffuso di quanto non ci
rendiamo conto perché assume una forma attenuata. La dinamica fondamentale è la
seguente: un essere umano vede qualcosa di brutto che sta giungendo inevitabilmente.
Non ha alcun potere di impedirlo; è impotente. Questo senso di impotenza genera
la necessità di assumere un certo controllo sul dolore incombente… qualsiasi
genere di controllo va bene. Questo ha un senso; la sensazione soggettiva di
impotenza è più dolorosa dell’incombente infelicità. Così la persona afferra il
controllo della situazione nell’unico modo che le resta: collabora nel tirarsi
addosso l’infelicità incombente; l’affretta. Questa attività fornisce la falsa
impressione che goda del dolore. Non è
così. È solo che non può più sopportare il senso di impotenza, o di supposta
impotenza.” VALIS (1978).
martedì 25 ottobre 2016
martedì 18 ottobre 2016
Oblio
L’oblio si contrappone alla
morte in quanto permette ad ogni individuo di “smettere di essere” “ciascuno a suo modo”. In questo cercare di “smarrire sé stessi” “il cercatore di oblio
trova nel bere, nelle droghe, nella follia, nella simulazione la promessa che
il suo sogno si realizzi… ma la promessa non viene mai mantenuta. Ci è
consentito soltanto un piccolo assaggio di oblio, quel tanto che basta ad
accrescere l’appetito, il desiderio di gustarne di più.” LA CONQUISTA DI GANIMEDE (con Ray
Nelson 1964). Da uno dei primi racconti del 1953 I PIFFERAI in cui un caporale di stanza in un pianeta lontano ad un
certo punto crede di essere diventato una pianta alla richiesta che il
protagonista Seth Morley di LABIRINTO DI
MORTE (1968) fa all’Intercessore, una misteriosa potenza divina: “mi piacerebbe essere una pianta del deserto
(…) poter vedere il sole tutto il giorno. Voglio crescere. Forse un cactus su
un pianeta caldo. Dove nessuno venga a disturbarmi.”; fino alla richiesta
più radicale di Barney Mayerson a Palmer Eldritch di essere trasformato in una
pietra, con la conseguente risposta: “Ascolta
Mayerson; essere una pietra non è ciò che vuoi realmente. Quello che vuoi è la
morte.” LE TRE STIMMATE DI PALMER
ELDRITCH (1964). E allora oblio e morte di nuovo si confondono insinuando
dentro di noi: “tutto lo sfacelo
dell’universo; il freddo, la malattia e l’oblio eterno.” RADIO LIBERA ALBEMUTH (1976).
martedì 11 ottobre 2016
Invisibilità
“Disteso,
senza bisogno di parlare, senza bisogno di muoversi. Senza essere costretto a
occuparsi di qualcuno o di qualche problema. E nessuno saprà dove sono, si
disse. Questo gli pareva, inspiegabilmente, molto importante; voleva essere sconosciuto
e invisibile, vivere non visto.” UBIK (1966). Non un vero e proprio desiderio di non esserci, di
perdere presenza, ma piuttosto un esserci senza il pegno della fatica che
questo comporta, del duro lavoro legato al mestiere del vivere. Tutt’altro problema
ha Richard Kongrossian, il pianista psicocinetico di I SIMULACRI (1963) che dichiara al proprio psicoterapeuta: “dottore mi sta succedendo qualcosa di
spaventoso. Sto diventando invisibile. Nessuno può vedermi. Possono soltanto
sentire il mio odore; mi sto trasformando in nient’altro che un odore
repellente!” La diagnosi del dottor Superb sarà di una “crisi del senso d’identità” dovuta allo
sgretolamento della struttura compulsiva-ossessiva con la inevitabile
conseguenza della “comparsa di una psicosi
palese.” E ancora l’invisibilità di un uomo fin troppo visibile, un uomo
dello spettacolo che improvvisamente diventa sconosciuto a tutti. Ma anche in
questa situazione estrema non può non pensarsi come uomo dello spettacolo e
contemporaneamente nello spettacolo, immaginando di presentarsi al pubblico
nella sua nuova situazione: “poteva quasi
sentire la sua voce fuori campo che introduceva il servizio: -Cosa può
succedere a un uomo, un brav’uomo senza precedenti penali, un uomo che un
giorno, all’improvviso, perde tutti i suoi documenti e si trova a
fronteggiare…- Eccetera. Li avrebbe incollati allo schermo, tutte e trenta i
milioni di spettatori. Perché era quello che ognuno di loro temeva. –Un uomo
invisibile- avrebbe proseguito, -eppure un uomo persino troppo appariscente.
Invisibile nella legalità, appariscente nell’illegalità.” SCORRETE LACRIME, DISSE IL POLIZIOTTO (1978).
Ma se c’è un’invisibilità paradossale ed estrema è quella di diventare invisibili
dentro pur rimanendo visibili fuori: “Mentre
parlava, cominciò a scomparire. Lui la guardò andarsene; era stupefacente.
Gloria, nel suo tono pacato, si cancellò dall’esistenza, parola dopo parola.
Era la razionalità al servizio di… be’, pensò, al sevizio del non-essere. La
sua mente si era trasformata in una grande, efficace gomma per cancellare.
Tutto ciò che realmente rimaneva, in quel momento, era il suo guscio; vale a
dire: il suo corpo privo di occupante.” VALIS (1978). Concludiamo questa carrellata
sull’invisibilità con quella più dolorosa, quella di chi sarà perduto proprio
per l’impossibilità di divenire invisibile: “-Sono invisibile- si disse. Era una battuta del ‘Sogno di una notte di
mezza estate’, che aveva rappresentato a scuola. Una battuta di Oberon, e la
parte l’aveva interpretata lui. Dopo di che, nessuno poteva più vederlo. Forse
funzionava anche ora. Forse l’incantesimo funzionava anche nella realtà. Ripeté:
-Sono invisibile.- Ma sapeva che non era vero. Si vedeva ancora le braccia, le
gambe e le scarpe, e sapeva che tutti gli altri, l’uomo del furgone,
soprattutto, e sua madre e suo padre, potevano vederlo. Se guardavano. Era lui
che cercavano questa volta.” LE
PRE-PERSONE racconto (1974).
martedì 4 ottobre 2016
Intelligenza
L’intelligenza è ciò che
caratterizza l’essere umano? Per Philip K. Dick la risposta è affatto negativa
dato che: “qualche grado di intelligenza
si poteva trovare in qualsiasi specie di ordine animale, ‘arachnida’.”
Tanto è vero che “nessun test di
intelligenza avrebbe identificato un droide del genere.1 Ma in fondo i test d’intelligenza erano anni
che non identificavano più un droide, dopo i successi ottenuti con i modelli
primitivi e rozzi degli anni Settanta.” MA GLI ANDROIDI SOGNANO LE PECORE ELETTRICHE? (1966).
L’intelligenza ha un’essenza eminentemente pratica: “è l’essere capaci di riconoscere subito le cose che ci sono
vantaggiose. L’intelligenza deve esserci utile, altrimenti non è vera
intelligenza.” NOI MARZIANI
(1962). Anche se va usata con parsimonia se non vogliamo che ci si ritorca
contro: “Siamo gli ultimi nel nostro
genere… come i dinosauri. Abbiamo portato l’intelligenza fino al livello
massimo a cui può arrivare. Troppo avanti, forse. Siamo arrivati al punto in
cui sappiamo tanto, e pensiamo tanto, che non riusciamo ad agire.” NON SAREMO NOI racconto (1954). In
conclusione la morale della storia è che “la
misura di un uomo non è la sua intelligenza. Non è il livello che può
raggiungere nel sistema dei fenomeni di natura. La misura di un uomo è questa:
con quanta rapidità sa reagire ai bisogni di un’altra persona? E quanto di se
stesso può dare?” NOSTRI AMICI DA
FROLIX 8 (1968-9).
- Il
modello dell’ultima generazione Nexus-6
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