“Dal fondo della sua opera
Dick non cessa di ripetere un unico enunciato: ‘La guerra. Sempre la guerra’ (Tony and the Beetles, TONY E I COLEOTTERI, 1953). Non ha
avuto inizio, non ha data di nascita, non ha un’origine definita che permetta
di identificarne i motivi: ‘Non c’è stato
un momento preciso in cui è cominciata’ (Breakfast at Twilight, COLAZIONE AL CREPUSCOLO, 1954). (…) La
guerra, al di là della sua fenomenologia, rimane per Dick la ‘sola vera catastrofe’ (MUTAZIONI p. 89) che ci abbia mai riguardato;
più che risolversi in un esercizio descrittivo, questo dato deve essere assunto
come orizzonte ideale del nostro mondo, bisogna cioè ‘dare la catastrofe per avvenuta e partire da lì’ (ibid). Nell’universo
di Dick si è nello stesso tempo guerriglieri e reduci.”1 Sull’onnipervasività
della guerra nell’opera di Dick concorda anche la voce GUERRA di Antonio
Caronia nell’Enciclopedia dickiana: “Con gli anni Settanta generali, battaglie,
astronavi e missili scompaiono dalle opere di Dick. Non scompare la guerra in
quanto tale, che però si allarga, acquista respiro, cambia natura, attori,
scenari e finalità.”2 Non ci resta che prendere atto della totale
sovrapponibilità tra i romanzi e i racconti di Dick e la guerra; tanto che la possibilità stessa
di eliminare la guerra una volta per tutte deve passare necessariamente
attraverso una replica perfetta, simile fin nei minimi dettagli, della guerra
stessa: “proponiamo al presidente
Mendoza, là nel Campidoglio della nostra nazione, di abolire la guerra e di sostituirla
con un centenario della Guerra Civile che copra un arco di dieci anni, e in
seguito noi, la fabbrica Rosen, forniremo tutti i partecipanti, i simulacri –
anche se il termine corretto sarebbe simulacra, perché è una specie di parola
latina – di chiunque. Lincoln, Stanton, Jefferon Davis, Robert E. Lee,
Longstreet, e circa tre milioni di modelli più semplici da usare come soldati,
che terremo sempre disponibili in magazzino. E avremo battaglie combattute sul
serio, con i partecipanti uccisi veramente, questi simulacri su ordinazione
fatti a pezzi, invece di una specie di film di serie B interpretato da
ragazzini del College che recitano Shakespeare. Capisci il mio punto? Ti rendi
conto delle possibilità che offre?” L’ANDROIDE
ABRAMO LINCOLN (1962).
- Fabrizio Denunzio, Pieghe del tempo. I film di guerra e di fantascienza da Philip K. Dick a Matrix. Editori Riuniti, Roma, 2002. pp. 46-47.
http://www.agenziax.it/wp-content/uploads/2013/03/philip-k-dick.pdf
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