Il romanzo dickiano dove il
concetto di empatia la fa da padrone è indubbiamente MA GLI ANDROIDI SOGNANO LE PECORE ELETTRICHE? (1966). Parlando
dell’empatia in Aby Warburg1 Georges Didi-Huberman2 la
definisce come quel processo “in cui le forme inorganiche sono incorporate a
forme organiche, in cui la ‘vita’ è proiettata sulla ‘cosa’.”
“L’incorporazione, agli occhi di Warburg, si presenta come una sorta di ‘fatto
psichico totale’ – un processo tanto potente da essere capace, per
‘appropriazione’ della cosa, di costruire l’identità, il ‘sentimento dell’io’,
ma anche di distruggerlo attraverso la ‘perdita del soggetto nell’oggetto’.
Qui, dunque, trovarsi non esclude che ci si smarrisca.” Ed è proprio in questo
trovarsi per smarrirsi che è imperniato l’intero romanzo. Rick Deckard, il
cacciatore d’androidi, è l’unico che alla fine ritroverà se stesso, dopo quella
lunga giornata in cui da cacciatore diverrà preda, preda soprattutto di se
stesso, della propria disumanità, del proprio io divenuto macchina, essenza
macchinica. E ritrovare se stesso significherà potersi smarrire in una nuova
esistenza in cui il possibile sostituisce il certo, l’inevitabile. “Non ci aveva mai pensato prima, non aveva
mai provato empatia personale nei confronti degli androidi che aveva ucciso.
Era sempre stato sicuro che la sua psiche avrebbe continuato a considerare gli
androidi come macchine molto evolute – al pari della sua coscienza. Eppure, al
contrario di Phil Resch, ora si era
manifestata una differenza. E istintivamente sentiva di aver ragione. Empatia
verso una struttura artificiale? Si chiese.”
1. per la biografia dello storico della cultura Aby Warburg qui
2. G. Didi-Huberman, L'immagine insepolta. Torino, Bollati Boringhieri, 2006 p. 360
1. per la biografia dello storico della cultura Aby Warburg qui
2. G. Didi-Huberman, L'immagine insepolta. Torino, Bollati Boringhieri, 2006 p. 360
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