I robot avranno infine cura di noi? Come scriveva Samuel
Butler alla fine dell’Ottocento in Erewhon “c’è motivo di credere che le
macchine ci tratteranno con bontà, perché la loro esistenza dipenderà in larga
misura dalla nostra. Ci governeranno con severità, ma non ci mangeranno.” Nel
racconto del 1953 I DIFENSORI DELLA
TERRA Dick immagina che gli abitanti della terra, durante la guerra
nucleare, si siano rifugiati nelle viscere del pianeta e abbiano lasciato in
superficie solo i robot a combattere quella guerra che devastava tutto e sembra
ma non volesse mai finire. Ma in realtà i robot, più giudiziosi de4gli umani,
l’aveva già fatta finire e ingannavano quest’ultimi facendo credere loro il
contrario. La stessa trama sarà alla base del romanzo LA PENULTIMA VERITA’ (1964), così come le città con i robot che
sostituiscono i loro abitanti in tutte le funzioni necessarie si ritroverà
anche nel romanzo I GIOCATORI DI TITANO (1963).
Altri robot che sopperiscono alla responsabilità e fatica del lavoro si trovano
nei primissimi racconti, come L’UOMO
VARIABILE e IL MONDO IN UNA BOLLA,
entrambi del 1953. In pochi casi i robot rappresentano una vera e propria
minaccia, nel 1954 abbiamo i racconti IL
MONDO DI JON e soprattutto JAMES P.
CROWN in cui riescono addirittura a
prendere il sopravvento e a rendere servi (anche se non proprio schiavi) gli
umani. Ma sostanzialmente il robot non è un essere pericoloso, “E’ interessante
che io mi fidi di un robot e non di un androide. Forse perché un robot non
cerca di ingannarti sulla sua vera natura” scrive lo stesso Dick in una nota
del 1978 al racconto L’ULTIMO DEI CAPI (1954)
in cui in una terra regredita rimane in una sola città nascosta in una valle un
robot detentore delle antiche conoscenze, “Lui
manteneva vivo un mondo razionale, evoluto. Un’oasi di produttività in un
deserto di decadenza e silenzio”; ma oramai purtroppo era vecchio e
arrugginito. Un ruolo importante assolto dai robot è l’insegnamento come
avviene nella colonia di Marte, NOI
MARZIANI (1962) in cui gli insegnanti sono meccanici e si chiamano: Aristotele, Sir Francis Drake, Abramo
Lincoln, Giulio Cesare, Wiston Churchill, Thomas Edison, Whitlock, Babbo
benevolo, Mark Twain, l’Imperatore Tiberio, Immanuel Kant, Filippo II di Spagna
e infine il bidello iracondo. Ma
è un ruolo difficile e non privo di inconvenienti, nel racconto PROGENIE (1954) l’educazione dei
bambini è affidata fin dalla nascita ai robot ma alla fine i bambini trovano
che i loro genitori emanino un odore particolare, forse l’odore sgradevole
dell’essere vivi. Ogni tanto si incontrano anche robot coscienti della loro
condizione, diciamo non proprio felice, come nel racconto UN REGALO PER PAT (1954) in cui il protagonista chiede al robot che
conduce il taxi: “_possono essere
licenziati i robot?_ _A volte. (…) Però
consideri che i robot vengono frequentemente smantellati, fusi, e dai loro
resti vengono fatti nuovi robot. Ripensi al Peer Gynt di Ibsen, alla scena del
Foggiatore di Bottoni. Quel passaggio anticipa chiaramente in forma simbolica il
trauma dei futuri robot.” Ma bisogna arrivare al 1967 col romanzo GUARITORE GALATTICO per trovare un
robot cosciente della propria natura artificiale e che in un qualche modo ne
reclama il diritto d’esistenza; all’affermazione del riparatore di vasi Joe
Fernwright “Visto che sei un robot, non
capisco perché tu sia coinvolto emotivamente in questa faccenda. Tu non hai
vita.” Il robot Willis controbatte che “Nessuna
struttura, nemmeno una artificiale, gradisce il processo entropico. E’ il
destino ultimo di ogni cosa, e ogni cosa vi si oppone.”
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