venerdì 5 maggio 2017

Tatuaggio


“Sull’avambraccio nudo e scuro spiccava un tatuaggio, CAVEAT EMPTOR” UBIK (1966). Direttamente inciso sul corpo di Patricia Conley, l’ultima neoassunta precog dell’Associazione Runciter, sta l’avvertenza di porre la dovuta cautela all’acquisto. Ma Joe Chip non ne conosce il significato e quindi non può mettere sull’avviso il suo datore di lavoro Glen Runciter. Quasi ad anticipare la moda dilagante dei nostri giorni, nei romanzi dickiani, i tatuaggi si affacciano più volte. “Quando vennero portati panini e caffè e la cameriera se ne fu andata, uno dei ragazzi si girò sulla sedia per guardarli in faccia. Ragle notò che i tatuaggi sulle guance riprendevano il disegno sui braccialetti. Osservò quelle linee intricate e infine riconobbe le figure. Erano state copiate dai vasi attici. Atena e la sua civetta. Kore che sorge dalla Terra.” TEMPO FUOR DI SESTO (1958). La mitologia greca, ma ancora risalendo più indietro nel tempo, la figura del labirinto: “Più avanti c’era una bottega di tatuaggi, moderna ed efficiente, con una parete interamente illuminata; all’interno il titolare usava l’ago elettrico senza esercitare attrito sulla pelle, ma semplicemente sfiorandola mentre disegnava una specie di labirinto. Perché no? Si disse Eric. Che cosa mi potrei fare incidere, quale motto o immagine che mi dia sollievo in questo momento insolitamente difficile? In questo momento in cui aspettiamo che arrivino i listariani a prendersi il pianeta? Impotenti e spaventati come siamo, diventiamo tutti dei vigliacchi.” (…) ILLUSIONE DI POTERE (1963). E ancora il tatuaggio “Persus 9” si ritrova in quel vero labirinto senza uscita che è LABIRINTO DI MORTE (1968). Tatuaggio come immagine per ottenere sollievo, come avvertimento, minaccia o marchio di sottomissione alla tirannia di una vita che si avverte essere senza senso e senza scopo?

Nessun commento:

Posta un commento