venerdì 9 gennaio 2015

Antonello Silverini: Redenzione immorale


Davanti a un fondale di cartapesta imbiancata, cosparsa di grumi di colore bianco grigio rosato, con toppe dello stesso materiale, leggermente più scure, incollate sopra, sfilano tre macchine robotiche, ossequiose, al servizio di un “umano” padrone di cui si intravedono unicamente le gambe accavallate su di uno scorcio di sedia. La copertina di Redenzione immorale è tutta qui. La statua sfigurata e sconciata del maggiore Streiter non viene rappresentata così come il personaggio principale, il burlone, al massimo ce lo si può immaginare nella parte mancante della copertina, in quella cesura che esclude il corpo soprastante quelle lunghe gambe e quei piedi privi di calze installati dentro scarpe forse un po’ troppo comode. Ma se manca la parte essenziale, il volto, il sembiante di Allen Purcell, il dissociato protagonista del romanzo, manca pure del tutto la raffigurazione satirica, graffiante che la precedente versione di Karel Thole per Urania (qui) metteva in assoluta evidenza. Silverini preferisce il tono pacato, un’apparente descrizione di superfice, monodirezionale, monotematica: l’ossequiosa servitù dei media. Il sofisticato apparato tecnologico dei media desideroso di soddisfare e ingraziarsi il padrone di turno; padrone capo o padrone utente che sia. Ma è un ben strano potere quello che li comanda ed è un ben strano servizio quello che qui si trova a servire. Una luce aranciata sulla sfera munita di cinepresa e che funge da testa, concentra la nostra attenzione sull’unica tonalità di vita, di vita “accesa”, dell’intero quadro: la vita per delega.

Venerdì 16 gennaio: Karel Thole 

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